Ci uniamo al dolore di Salvino Leone per la scomparsa prematura del suo amatissimo figlio Angelo!

Ogni lutto familiare comporta  un grande senso di smarrimento, una freccia che trafigge il cuore dei congiunti più stretti e, lo sappiamo bene, da quel momento in poi, niente e nessuno sarà più come prima.

E tuttavia, perdere addirittura un proprio figlio, che hai visto nascere, crescere e formarsi come uomo maturo può stravolgere la vita dei genitori e alterare la stessa percezione della realtà.

Sì, perché la morte di un figlio è un evento devastante, che può generare una sorta di lutto patologico: un lutto complesso e, per molti versi, oseremmo definire “inaccettabile”.

E questo proprio perché la morte di un figlio rappresenta una delle prove più dure, se non la più dura, che una famiglia e soprattutto una coppia di genitori possano affrontare nella vita. Per cui, nessun genitore si aspetta e “spera” di sopravvivere ai propri figli.

Cari amici, come saprete, nei giorni scorsi la scomparsa di Angelo Leone, figlio di Salvino, il nostro carissimo Salvino, per molti anni Dirigente Nazionale AMCI e Vice Presidente Nazionale della nostra Associazione e della sua amatissima moglie Milena ha sconvolto ed addolorato tutti noi medici cattolici.

Angelo aveva solo 37 anni, era sposato con Cecilia e padre di due bellissimi bambini ed è stato colpito da un grave male incurabile, che in pochi mesi lo ha strappato dall’affetto dei suoi cari

E proprio il nostro carissimo Salvino così descrive il suo incolmabile lutto familiare: “Dopo breve ma devastante malattia oggi il Padre ha chiamato mio figlio Angelo accanto a sè. Nel Vangelo di Luca un angelo, dopo la Risurrezione, dice una frase che un diverso Angelo potrebbe dire a tutti noi: "Perchè cercate tra i morti colui che è vivo?”.

♦ ♦ ♦

Carissimi Salvino e Milena, grazie di cuore per il vostro esempio e la testimonianza di una grandissima fede, incrollabile anche di fronte al vostro incolmabile lutto, e quindi tutti noi, con discrezione, grande rispetto ed in punta di piedi, ci uniamo al vostro dolore e preghiere; e con il nostro più sincero e caloroso abbraccio ci stringiamo a voi!

O Signore, fonte di gioia e salvezza di chi crede in te, guarda con bontà al nostro fratello Angelo, che la morte ha allontanato dall’affetto dei carissimi genitori Salvino e Milena e  di tutti i suoi cari, ed accoglilo nella tua casa. Per Cristo nostro Signore. Amen.

 

Filippo Maria Boscia

con la Presidenza  Nazionale AMCI e tutti i nostri dirigenti ed iscritti.

Fine vita: Roma, 9 febbraio 2022, presentato oggi il Comitato “No Eutanasia legale”

“Finché c’è Vita – No Eutanasia Legale”: è questo il nome del Comitato presento stamattina al termine dell’evento “Eutanasia: vite da scartare? Il dovere della società di fronte alla sofferenza”, che si è svolto presso la Sala Capranichetta dell’Hotel Nazional in piazza Montecitorio, a Roma.

“L’obiettivo – spiega Antonio Brandi, membro del Comitato – è di diffondere le ragioni del ‘no’ al referendum sull’omicidio del consenziente promosso dai Radicali, qualora il quesito dovesse essere giudicato legittimo dalla Corte Costituzionale il prossimo 15 febbraio. Il primo atto del Comitato sarà proprio quello di depositare presso la Consulta una memoria contro l’ammissibilità del quesito, chiedendo di poterla discutere oralmente nella camera di consiglio del 15 febbraio”.

“Non si tratta di dare più giorni di vita per prolungare gravi sofferenze, ma di dare con amorevole fraternità umana e cuore cristiano più vita e dignità ai giorni che Dio ci dona da vivere in questa terra, accompagnando e sostenendo chi vive la malattia”, ha aggiunto don Isidoro Mercuri Giovinazzo, membro del Comitato e presidente dell’Associazione italiana di pastorale sanitaria.

Altri membri del Comitato “Finché c’è Vita – #NoEutanasiaLegale” sono Jacopo Coghe, in qualità di presidente, Antonio Brandi, Aldo Bova, presidente del Forum sociosanitario, Francesco Bellino e Filippo Maria Boscia, presidente dell’Associazione medici cattolici italiani e vicepresidente del Comitato “Finché c’è Vita”, secondo il quale “ai medici non può essere assegnato il compito di causare o provocare la morte”.

IL PRESIDENTE BOSCIA INTERVIENE ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE - ROMA, 7 LUGLIO 2021

Audizione presso la Commissione Parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza della Camera dei Deputati sulle Pratiche della transizione di genere di soggetti minori di età.

Roma, 7 luglio 2021: Audit del Prof. Filippo Maria Boscia Medico, ginecologo ed andrologo, già direttore della Cattedra di Fisiopatologia della Riproduzione Umana nell’Università di Bari, per venti anni Direttore dei Masters di perfezionamento in Sessuologia Clinica e in Pedagogia Sessuale nell’Università di Bari. Parto dalla mia esperienza per dirvi che le problematiche del genere e del sesso, soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza, sono molto delicate oltre che fortemente controverse. Ancor più negli ultimi tempi perché una proliferazione di termini, variamente complessa, è andata a complicare gli intimi significati della comprensione: le tante variabili introdotte hanno creato grande confusione nella pubblica opinione, soprattutto nei “non addetti ai lavori”.

Ad esempio, la parola “sesso” indica sia l’essere maschio sia l’essere femmina ma anche la sessualità in generale. Ma non solo: i termini “sesso”, “sessuale” e “genere” non sono più riferiti ad indicatori biologici di maschio e femmina, bensì sono indicativi di tante altre variabili psico-sociali ed educazionali riguardanti le funzioni riproduttive e sessuali (cromosomi, gonadi, ormoni sessuali, organi genitali interni ed esterni, sia quando compaiono ambiguità, sia nelle non ambiguità). Nello specifico il termine “genere”, associato ad “identità”, è l’ultimo tra i tanti: serve non solo per indicare gli individui con indicatori biologici e culturali non ambigui ma anche quelli con indicatori sessuali contrastanti o ambigui.

Lo stesso termine si allarga e si estende ai diversi ruoli vissuti nella società e che spaziano dall’identificazione del soggetto come bambino o come bambina, come uomo o come donna, fino ai fattori biologici e sociali, psico-emozionali e psico-sociali e ai molteplici altri fattori interagenti con le complesse fasi dello sviluppo del genere. In questa complessa materia bisogna andare all’origine dei problemi: bisogna studiare l’etiologia e non studiare le terapie senza conoscere l’etiologia: attesi gli sviluppi continui della Medicina, l’assegnazione del genere si riferisce non più alla sola assegnazione iniziale di maschio o2 femmina alla nascita, ma è diventata tanto estensiva da precedere la nascita, potendo essere investigata nelle immediate fasi successive al concepimento.

Infatti la determinazione del sesso è rilevabile in fasi estremamente precoci attraverso metodiche di diagnosi genetica preimpianto che, associate alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, hanno reso possibile lavorare per la determinazione del sesso/genere ancora prima della nascita. Siamo in un cambiamento d’epoca incredibile: Non si parte più dalla nascita per l’assegnazione iniziale di maschio o femmina, ma il genere può diventare assegnabile sin dal concepimento sicchè, se fantasmato, può essere opzionato dai genitori su commissione, direi, su ordinazione specifica.

Questi cambiamenti tecnologici che sembrano semplici variabili di fatto sono diventati di fatto sostanziali modifiche, perché giungono a riguardare sia il vissuto della gravidanza ma anche l’irriducibilità del desiderio genitoriale che costringe e conduce quel bambino prima ancor prima di essere concepito ad essere catturato dentro un destino prefissato, che poi, di fatto, potrebbe risultare del tutto estraneo al genere assegnato alla nascita. Sappiamo bene che l’identità di genere non è una categoria soltanto anatomica, ma educazionale e comportamentale, cognitiva e sociale. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), la bibbia delle discipline psichiatriche e psicologiche, giunto alla V edizione, nell’ultimo periodo sta variando più velocemente l’impostazione, dimostrando la poca stabilità nel tempo degli assunti scientifici.

Così si fanno transitare patologie in categorie non patologiche: questo sta avvenendo per le disforie di genere e per tutti quei disagi affettivi/cognitivi, in relazione al genere assegnato, inseriti dapprima in categorie patologiche/diagnostiche. Oggi noi parliamo di “transizione di genere” da attuarsi in soggetti minori di età e lo facciamo consapevoli di incertezze, perché i dati di letteratura pubblicati si riferiscono ai casi di pubertà patologica, trattata con triptorelina. E certamente questi casi non possono essere sovrapponibili a quelli che vorremmo trasferire, quando trattiamo bambini con pubertà fisiologica nei quali intendiamo bloccare, con contestabili applicazioni terapeutiche, l’evoluzione naturale del processo. Oggi noi stiamo parlando di “riassegnazione di genere” in soggetti di minore età sani, che non mostrano patologie, né riferite al genotipo, né al fenotipo, ma alla sola percezione di un’immagine del sé corporeo che non è accettata e che deriva dalla incongruenza del genere esperito o espresso rispetto al 3 genere assegnato.

E’ una questione della quale si è occupato anche il Comitato Nazionale di Bioetica, nella seduta del 13 giugno 2018, giungendo alla conclusione che “per la somministrazione della triptorelina si raccomanda un approccio di prudenza in situazioni accuratamente selezionate da valutare caso per caso”. Quindi modalità prudenziali, che obbligano a seri filtri, soprattutto quando vi è mancanza di dati scientifici, in base ai quali selezionare i casi suddetti. Ancora, il Consiglio nel suo parere raccomanda di individuare un sesso natale, definendo l’interesse preminente del bambino ad essere cresciuto in senso maschile o femminile e pone l’interrogativo: è possibile intraprendere un percorso di consapevolezza dell’identità di sé in un vissuto di identità sessuale neutrale che può durare sino ai quattro anni di età? In questo particolare momento dello sviluppo è opportuno ed è giusto ciò?

NB : SI ALLEGA IL FILE CON  IL TESTO COMPLETO

E QUESTO E' IL VIDEO COMPLETO

 

Download this file (Boscia - Alleanza terapeutica -  TRICASE.doc)

AMCI : "Il ruolo delle professioni mediche nella tutela della vita" - svoltosi a Tricase e con le relazioni del card. Menichelli e del prof. Boscia

A seguito del Convegno formativo organizzato dalla nuova sezione AMCI di Santa Maria di Leuca, con la partecipazione del nostro Presidente prof Filippo Boscia e dell'Assistente Nazionale il Card. Edoardo Menichelli, che si è tenuto 4 dicembre 2021, è stato pubblicato su youtube il video completo che si può vedere e scaricare al link : https://youtu.be/ZhItgIPvAqY

Il Convegno, dal titolo "Il ruolo delle professioni mediche nella tutela della vita" si è svolto presso l'Aula Magna della Fondazione Cardinale Panico a Tricase

Il Presidente BOSCIA interviene ancora sull'aborto:"IL DIRITTO ALLA VITA INNANZITUTTO!" (il testo completo della sua risposta ad alcuni articoli provocatori e pubblicati di recente.) Ed inoltre altri documenti del Presidente su questo stesso argomento.

 

Il diritto alla vita innanzitutto

Certamente fa non poca meraviglia che la società scientifica che comprende e rappresenta la maggior parte dei ginecologi italiani, più che assumere un atteggiamento di equidistanza tra favorevoli e contrari, in occasione dell’ultima pretestuosa polemica, abbia preso una posizione molto netta a difesa della legge 194/78. E ciò per il fatto che quasi sicuramente la maggioranza dei suoi iscritti è compresa nell’oltre il 70 per cento di colleghi che scelgono di obiettare e di conseguenza devono essere considerati in totale disaccordo con essa.

 Negli ultimi giorni si sono susseguiti numerosi dichiarazioni, non sempre condivisibili, ma che dimostrano soprattutto quanta confusione ci sia ancora sull’argomento aborto volontario.

Ad esempio, è opportuno, per l’ennesima volta, ribadire il concetto che l’interruzione volontaria della gravidanza non è un diritto, ma una possibilità. Sì garantita dalla legge, ma solo quando vi siano delle condizioni particolari, se vogliamo abbastanza restrittive, seppure poi in pratica aggirate con vari stratagemmi.

Allo stesso modo è fuori tempo e fuori luogo parlare di ennesimo attacco all’autodeterminazione delle donne se ci fermiamo solo per un attimo a considerare quale sia nella maggior parte dei casi la condizione di chi arriva a chiedere l’aborto, quasi sempre in totale solitudine, dopo aver preso una oltremodo tragica decisione, tutt’altro che facile, comunque traumatica.

Indubbiamente i numeri delle relazioni parlamentari ci dicono che, in oltre quarant’anni, gli aborti volontari sono diminuiti. Ma sappiamo bene che le statistiche lasciano il tempo che trovano. E oggi a quel totale vanno aggiunti gli aborti provocati, forse non sempre, dalle varie “pillole del giorno dopo”, i cosiddetti “aborti nascosti”, in numero di centinaia di migliaia l’anno.

E’ vero che gli aborti clandestini non sono scomparsi, ma non era quello il fine primo della legge quanto piuttosto di limitarne il ricorso, fornendo un’alternativa legale. Né ovviamente l’entità del fenomeno è riscontrabile nei dati ministeriali, in quanto la cifra è solo frutto di presunzione, ma indica in modo significativo che l’aborto era e rimane un problema sociale.

 In fondo alla base delle interruzioni così come della denatalità vi sono le stesse cause, quelle che proprio la legge 194/78 invitava a ricercare e a risolvere, ma alle quali, sappiamo bene, non è stato mai possibile trovare rimedio, soprattutto perché è mancata la volontà politica, più della disponibilità economico-finanziaria, per farlo.

Non si può però sottacere che, riguardo all’aborto, quello che manca è una maggior disponibilità dei vari soggetti istituzionali coinvolti (psicologici, assistenti sociali e, perché no, anche medici) a venire incontro alle esigenze, privilegiando l’ascolto e non solo rilasciando un facile certificato. Solo allora potremmo legittimamente parlare di orgoglio professionale!

Come ho già detto più volte, in quanto profondamente convinto, la legge 194/78 è da considerarsi di per sé iniqua, oltre ad essere viziata da alcuni inganni. Perché, pur richiamando l’importanza del valore sociale della maternità, nella reale applicazione ha depenalizzato e semplificato l’aborto volontario, portando alla sua accettazione come una pratica del tutto ordinaria.

Il costo per le donne va ben oltre l’esperienza in sé ma comprende danni fisici e psicologici che qui non sto a dire. Da professore di fisiopatologia della riproduzione umana e da ricercatore sugli aspetti della procreazione, riaffermo con energia che la questione dell’aborto non è solo una questione di morale cattolica ma anche di morale laica.

Nell’immaginario collettivo l’aborto è ormai percepito come un diritto della donna, ma non possiamo fare a meno di sostenere che in nome di questo diritto si viola il fondamentale diritto alla vita del concepito. Dal primo istante l’essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il “diritto inviolabile alla vita”. Principio irrinunciabile sia per i cattolici che per i laici!

 Roma, 8.6.2021

 Prof. Filippo M. Boscia

Presidente Nazionale Associazione Medici Cattolici Italiani

Presidente Onorario Società Italiana di Bioetica

 

NB: questa è la risposta del nostro presidente ad alcune affermazioni provocatorie pubblicate di recente sul Quotidiano Sanità e di cui vi forniamo i riferimenti!

RIFERIMENTI

-Valeria Dubini (Presidente AGITE Presidente Agite (Associazione ginecologi territoriali)
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=95968&fr=n

 Antonio Panti (La 194 è un’ottima legge)
Già Presidente Ordine Medici di Firenze, componente della Commissione Deontologica FNOMCeO vedi
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=96032

Prof. Antonio Chiantera, Presidente SIGO, Prof. Nicola Colacurci, Presidente AGUI, Dr.ssa Elsa Viora, Presidente AOGOI  (“Legge 194. I dati confermano il successo di questa legge. Noi ginecologi orgogliosi per quanto fatto per la cura delle donne”)
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=96049

ALLEGHIAMO ANCHE LL LINK AD UNA RECENTE INTERVISTA DEL PRESIDENTE BOSCIA SULLO STESSO ARGOMENTO:

 

https://universitariperlavita.org/2021/06/08/intervista-upv-al-presidente-dellamci-filippo-maria-boscia/?fbclid=IwAR2eefYbzAMrooqoRBsP0iaARbZqg8E4gYWt1cTpHt2M84TZZkm_TSxPbpM.


Aborto: Boscia (Amci), “scaturiscono ferite in termini psicologici come ansia, disturbi post traumatici da stress o in alcuni casi gesti di autolesionismo”

24 maggio 2021 - SIR

La legge è da considerarsi iniqua perché viziata da alcuni inganni”. Lo ha detto Filippo Maria Boscia, presidente della Associazione medici cattolici italiani (Amci), a proposito della legge 194, durante la conferenza stampa organizzata oggi a Roma dalla associazione Pro Vita e Famiglia per presentare il primo rapporto sui costi di applicazione della norma sull’aborto. “Non vengono considerati i costi da sindrome da stress, per un lutto che rappresenta il frutto amaro per una scelta tragica e traumatica che spesso evolve in depressione.

I danni per aborto possono essere inseriti in un lungo elenco fra cui la maternità negata”. Secondo l’esperto, già direttore della cattedra di Fisiopatologia della riproduzione umana all’Università di Bari, oltre alle conseguenze fisiologiche dirette o indirette dell’intervento abortivo, “c’è un problema che riguarda soprattutto l’autostima della donna.

Di fronte a ciò c’è da chiedersi come sia stato possibile legalizzare l’aborto con la scusante che la legge non avrebbe comportato dei rischi per la salute della donna. È inevitabile che ne scaturiscano ferite in termini psicologici come ansia, disturbi post traumatici da stress o in alcuni casi gesti di autolesionismo”.